I dati sui consumi di piccoli frutti delle famiglie italiane pubblicati negli ultimi giorni da Italian Berry descrivono una categoria in crescita, sia a valore che a volume. Questo è sufficiente per restituire un quadro positivo del settore? Leggendo meglio i dati e approfondendo l'analisi sembra invece che la filiera italiana dei berries stia procedendo con il “freno a mano tirato”.
Proseguendo le metafore automobilistiche, questo è più grave che non un motore che funziona “a tre cilindri”: l'impressione che si trae infatti da questi dati è che non siano alcune componenti che non funzionano (la Gdo che manca di programmazione ed esagera con i margini oppure i crescenti costi di produzione ad esempio), ma che l'intero settore non sfrutti il potenziale che la categoria può esprimere.
Consumo Piccoli frutti: i principali indicatori in breve
Gli indicatori riassuntivi ci restituiscono un quadro di crescita a due cifre: i consumi complessivi a volume aumentano negli ultimi 12 mesi dell'11,3% e ancor maggiore è il tasso di crescita del mercato a valore (+14,3%). E fin qui tutto bene si direbbe.
Ma gli altri indicatori cosa ci dicono?
Crescita sì, però…
I maggiori incrementi dopo quelli citati si realizzano nel volume acquistato nei 12 mesi da ogni famiglia acquirente (+8.0%) e nella frequenza di acquisto, cioè il numero di occasioni in cui mediamente le famiglie italiane acquistano piccoli frutti (+7,1%). Questo significa che le famiglie acquirenti comprano di più e lo fanno più spesso. E fin qui tutto bene si direbbe.
Ma poi il meccanismo virtuoso si inceppa: basta guardare l'andamento della penetrazione, che misura quante famiglie comprano piccoli frutti sul totale delle famiglie italiane. Qui l'aumento è minimo: solo 1,1 punti percentuali. Cioè la percentuale di famiglie che acquistano piccoli frutti sul totale delle famiglie italiane ha avuto una variazione quasi trascurabile.
All'interno della categoria, solo i mirtilli mostrano un lieve aumento della penetrazione, mentre lampone, mora e ribes perdono in maniera rilevante: ogni punto percentuale di variazione corrisponde infatti a oltre 258.000 famiglie.
Quindi chi compra piccoli frutti è generalmente soddisfatto: compra di più e compra più spesso rispetto a 12 mesi prima. Ma la penetrazione al 28,4% significa che il 71,6% delle famiglie italiane non acquista mai mirtilli, lamponi, more e ribes nel corso dell'anno. Neanche una volta in 12 mesi.
Per avere un confronto, nel Regno Unito la penetrazione dei soli mirtilli è superiore al 50%. E qui iniziamo a capire cosa significa che il settore ha il freno a mano tirato.
migliaia di prodotti sugli scaffali
Se più di una famiglia italiana su 7 non ha mai portato in tavola i piccoli frutti significa che non li conosce, che nessuno li ha mai fatti emergere dagli scaffali.
In un punto vendita si trovano da 1.000 a 40.000 prodotti, a seconda della tipologia (i discount hanno un assortimento generalmente più ristretto) e della dimensione. Mentre i piccoli frutti costituiscono al massimo una decina di referenze.
Non è sufficiente che il prodotto sia messo a scaffale con una esposizione più o meno estesa: il consumatore che entra in un punto vendita è infatti posto di fronte a un'offerta talmente estesa che la sua attenzione viene distribuita su migliaia di prodotti.
Questo è quello che sembra stia succedendo in Italia: nessuno attira efficacemente l'attenzione dei consumatori sui piccoli frutti.
Qual è la soluzione?
Qual è la differenza tra il mercato del Regno Unito (con una penetrazione che raggiunge oltre la metà delle famiglie) e il mercato italiano, dove oltre il 70% dei consumatori non acquista mai piccoli frutti?
La differenza è solo una, semplice e accessibile: la comunicazione. I mercati con i consumi più elevati (Stati Uniti e Regno Unito) dimostrano anno dopo anno da vent'anni che i consumi si possono aumentare con una campagna istituzionale di informazione, facendo crescere la consapevolezza dei benefici che porta consumare i berries.
Per citare due casi di successo a livello globale, nel Regno Unito questa campagna (autofinanziata) è gestita dal 1992 da un'associazione di produttori e importatori di berries che è stata recentemente rinominata in “British Berry Growers“.
GLI STRAORDINARI RISULTATI DEL REGNO UNITO Il Regno Unito è il mercato europeo che ha mostrato i maggiori tassi di crescita per la categoria dei piccoli frutti, con aumenti annui a due cifre e con picchi del +25/+30% realizzati fino a pochi anni fa. Grazie a questa espansione, i berries (fragole più piccoli frutti) rappresentano il 13% del fatturato complessivo del reparto ortofrutta: di questa quota oltre la metà (52%) è rappresentata dai soli mirtilli, lamponi e more. |
Negli Stati Uniti l'USHBC riunisce produttori, distributori ed esportatori di mirtilli e descrive così la sua missione: “La filiera dei mirtilli è stata costruita grazie alla collaborazione. Mentre ci avviamo verso una nuova era di innovazione, la collaborazione rimane fondamentale per accrescere il valore dei mirtilli e venderne di più in tutto il mondo.”
Questo è il metodo per sbloccare tutto il potenziale ancora inespresso dalla categoria dei berries in Italia. Ce ne sono forse altri, ma il modello della comunicazione istituzionale finanziata da tutti gli attori della filiera ha dimostrato nel corso degli ultimi tre decenni di funzionare bene, ad esempio negli Stati Uniti e nel Regno Unito.
Insomma, stiamo viaggiando su un'autostrada senza limiti di velocità e ci ostiniamo a tenere il freno a mano tirato. È il momento di accelerare, non di frenare.
Per approfondire
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