Turi è una delle capitali italiane della frutticoltura di qualità e Kristofer Mucollari è un ragazzo albanese ormai in Italia da 20 anni. E' in questa terra ricca di tradizione che Kristofer ha intrapreso un progetto innovativo, introducendo qualche anno fa la coltura del mirtillo fuori suolo. Un investimento importante che entrerà nel pieno della produzione proprio nel 2021.
Come è nata l'idea di produrre mirtilli dove tutti producono ciliegie?
Innanzitutto vorrei ricordare che questo progetto è nato soprattutto grazie al supporto della mia famiglia. La mia azienda GREENAL nasce nel 2016, ma non come azienda agricola. Inizialmente sono partito con l’attività di cura e manutenzione del verde, che tutt’ora porto avanti. Ho iniziato quest’attività parallelamente agli studi universitari in agraria. Incuriosito ed affascinato dallo studio delle colture fuori suolo, ho iniziato a fare piccole prove in fuori suolo su fragola. Successivamente ho voluto sperimentare il mirtillo, coltura per la mia regione abbastanza sconosciuta all’epoca. Visti i risultati incoraggianti ho deciso di fare delle prove varietali per capire quali varietà si adattasse al meglio al nostro clima.
Quali caratteristiche ha il tuo impianto?
L’azienda si trova in Puglia, e precisamente a Turi città delle ciliegie. L’impianto è situato in una zona vocata per la coltivazione di ciliegie, uva da tavola, mandorle e olivi. Attualmente la superficie dell’azienda è di poco più di due ettari di cui 1 dedicato al mirtillo. Le prime prove di adattamento varietale sono state effettuate nel 2018, impiantando l’anno successivo 3500 piante suddivise in precoci, medio precoci e tardive. Attualmente coltiviamo principalmente tre varietà di mirtilli: Alix Blue (precoce), Huron (medio precoce) e Liberty (tardivo).
Quali tecniche colturali hai adottato nella tua azienda agricola?
Purtroppo i suoli pugliesi, che sono argilloso-calcarei, non sono idonei alla coltivazione dei mirtilli. La voglia di diversificare la produzione è stata tanta e di fatto tutta l’azienda è gestita in fuori suolo, ovvero le piante sono coltivate in vaso con substrato idoneo alla coltura.
Come vi siete attrezzati per rispondere alle nuovi sfide della sostenibilità e dei cambiamenti climatici?
Il sito produttivo è interamente gestito in modo integrato. infatti tutta l’azienda è inerbita in modo spontaneo consentendo lo sviluppo di un’elevata biodiversità, sia di specie erbacee che di insetti utili nella lotta ad altri che possono essere dannosi per la coltura. Con sfalci continui si sono andate a selezionare le essenze erbacee più idonee allo sviluppo di un prato spontaneo.
Al momento l’impianto non è dotato di protezioni contro gli agenti atmosferici, ma in un futuro prevediamo di coprire la coltura con reti antigrandine o tunnel con film plastico, dati i continui cambiamenti climatici. Il nostro intento futuro sarà sicuramente quello di lavorare in ambiente protetto sia per le intemperie che per l’anticipo che si può avere per la produzione.
Che tipo di impegno comporta gestire un'azienda di un ettaro a mirtilli fuori campo?
Attualmente la conduzione dell’azienda avviene a livello familiare, integrando durante la raccolta con personale esterno. Io mi occupo anche della parte tecnico agronomica e della ricerca di nuove varietà. La raccolta inizia da metà maggio e si protrae fino a luglio.
Quali sono le vostre strategie commerciali?
Quest’anno sarà il primo anno di produzione “piena”. Gli anni passati, data la poca disponibilità del prodotto, abbiamo venduto a piccoli negozi locali e parte del prodotto è stata destinata alla grande distribuzione mediante commercianti locali. Ci aspettiamo rese abbastanza importanti quest’anno, ma non puntiamo solo alla quantità. Il mio intento è quello di puntare molto sulla qualità, fornire al consumatore un prodotto eccellente e sicuro, ed è per questo che sono sempre alla ricerca di nuove varietà che abbiano caratteristiche organolettiche apprezzabili e riconoscibili come avviene per l’uva da tavola. In futuro mi piacerebbe poter commercializzare direttamente, con un brand a cui ho già pensato.
Tra ciliegie, uva e mandorli, come viene vista dai tuoi compaesani questa nuova coltura, che produce frutti fuori suolo ancora poco conosciuti?
In tanti sono curiosi di questa strada che ho intrapreso. Sono molto contento quando qualcuno mi chiede di poter visitare la mia azienda e vedere come il frutto viene coltivato, soprattutto per una coltura insolita in zona come il mirtillo. E devo dire che molti rimangono affascinati.
Avete in produzione altre specie di piccoli frutti?
Oltre ai mirtilli abbiamo dedicato una piccola parte dell’azienda alla valutazione di varietà di More senza spine e Lamponi, che speriamo di ampliare successivamente per poter offrire diversi prodotti. Siamo molto fiduciosi sulle varietà di more Natchez e Ouachita.
Cosa ti aspetti in futuro da questa avventura?
La sfida che fatto con me stesso è quella di arrivare a coltivare ad estendere la coltivazione dei piccoli frutti e poter ampliare il calendario di raccolta che al momento è abbastanza ristretto, ma soprattutto quella di far conoscere maggiormente il mondo dei frutti rossi ai consumatori.