La ricerca sulla produzione di piccoli frutti fuori stagione sta dando i suoi frutti presso la serra biotecnologica della Simon Fraser University (SFU). Un team guidato dal professore di scienze biologiche Jim Mattsson è riuscito a coltivare con successo un raccolto di mirtilli al chiuso durante l’inverno.
Il progetto, finanziato dalla Weston Family Foundation’s Homegrown Innovation Challenge, mira a sviluppare nuove varietà di mirtilli e tecniche di coltivazione adatte alla produzione commerciale indoor durante la bassa stagione.
I rigidi inverni canadesi e la breve stagione di crescita sono da sempre un ostacolo per gli agricoltori. Oltre il 75% della frutta consumata in Canada è importata, il 37% dagli Stati Uniti. Estendere la stagione produttiva canadese non solo garantirebbe nuove entrate per gli agricoltori, ma rafforzerebbe anche la sicurezza alimentare del Paese contro le interruzioni delle catene di approvvigionamento, le dispute commerciali internazionali e l’incertezza legata al cambiamento climatico.
Coltivazione in ambienti chiusi
Le piante di mirtillo hanno esigenze complesse in termini di nutrizione, impollinazione e potatura, il che ha reso finora impossibile coltivarle con successo su larga scala in ambienti chiusi.
«Non è stato affatto semplice farle produrre», spiega Mattsson. «Abbiamo esposto le piante alle condizioni necessarie per indurre la formazione di gemme a fiore, ma se il trattamento è troppo prolungato, le piante entrano in dormienza per diversi mesi».
Il team ha utilizzato un controllo rigoroso di luce e temperatura per avviare la formazione delle gemme, per poi passare a condizioni simili a quelle estive. I cespugli della SFU producono bacche ininterrottamente da gennaio e probabilmente continueranno fino a maggio.
«Abbiamo già dimostrato in un paio di cicli, sia in questa serra sia a Chilliwack, che è possibile produrre bacche indoor», afferma Mattsson. «Il prossimo passo è aumentare la scala e verificare se possiamo ottenere numeri adeguati».
Collaborazioni e genetica
Le conversazioni con gli agricoltori locali hanno mostrato interesse, a patto che il team di Mattsson e il partner industriale BeriTech Inc. dimostrino che la produzione indoor di mirtilli sia redditizia.
Il gruppo sta utilizzando la modifica genetica per sviluppare nuove varietà commerciali più adatte alla coltivazione indoor. Gli esseri umani selezionano le piante da migliaia di anni per ottenere caratteristiche utili, come rese maggiori o resistenza alla siccità e alle malattie. La gene editing consente di replicare questo processo naturale in modo più rapido e preciso.
«Stiamo cercando di introdurre due tratti nei mirtilli», dice Mattsson. «Il primo è rendere le piante più piccole, in modo che siano più gestibili. Il secondo è farle fiorire prima e in modo più abbondante. In questo modo potremo produrre più frutti, più in fretta».
Il team sta lavorando su un gene individuato per la prima volta in riso e grano oltre 50 anni fa. Quella scoperta permise agli agronomi di sviluppare piante più basse con una resa di granella molto superiore, un’innovazione che alimentò la Rivoluzione Verde, a cui si attribuisce il merito di aver salvato oltre un miliardo di persone dalla fame.
Sostenibilità e prospettive future
«Se si colpisce il gene giusto, si ottiene una pianta sana ma più piccola», osserva Mattsson, «e anche a livello normativo diventa più semplice. I regolatori possono osservare le nostre piante e constatare che ciò che abbiamo fatto esiste già in altre colture».
Il partner industriale BeriTech sta lavorando allo sviluppo delle tecnologie e delle tecniche necessarie a rendere la coltivazione di queste nuove varietà economicamente sostenibile su scala commerciale.
«Possiamo regolare con precisione l’ambiente e il modo in cui gestiamo la pianta per stimolare una crescita rapida e rese elevate di frutti di qualità, con il minor consumo energetico possibile», afferma Eric Gerbrandt, direttore scientifico di BeriTech, «così da sostituire le importazioni durante la bassa stagione».
«La gene editing ha un grande valore economico», aggiunge Mostafa Mirzaei, responsabile della serra SFU. «Se produciamo varietà nane di mirtillo, possiamo adottare la coltivazione verticale e ridurre il costo di produzione per unità. I costi sarebbero paragonabili a quelli in campo aperto».
Ottimismo e ricerca continua
Il team ha ancora del lavoro da fare prima che i mirtilli invernali coltivati localmente arrivino sugli scaffali dei supermercati, ma c’è ottimismo sul fatto che la ricerca possa stabilire un protocollo utile anche per futuri miglioramenti dei mirtilli e forse di altre colture alimentari.
«Stiamo ancora affinando il protocollo e verificando che funzioni correttamente», spiega l’assistente alla ricerca Juan Rodriguez Lopez. «Questi due tratti che stiamo introducendo nei mirtilli potrebbero essere solo l’inizio».
Fonte testo e immagini: sfu.ca