Italian Berry ha intervistato in esclusiva Chiara Guffanti, titolare con il padre Antonio dell’azienda Il Piccolo Frutto di Chiara a Pellio Intelvi (Como), per esplorare le strategie di un'azienda che, pur operando in un contesto altamente competitivo, ha scelto di focalizzarsi su specificità varietali e canali di distribuzione di alto livello, garantendo un prodotto di massima freschezza e un forte valore territoriale.

La vostra azienda opera in un contesto produttivo molto specifico. Quali sono le peculiarità che vi distinguono dagli altri produttori di piccoli frutti in Italia?
Quello che ci caratterizza è l'attenzione verso cose un po' particolari, cercando di non fare le cose come le fanno tutti, da tanti punti di vista. Operiamo in una zona climatica e territoriale complessa, piuttosto umida, con inverni molto rigidi. Questo ci impone innanzitutto una rigorosa selezione varietale; se una pianta non "regge" bene nei primi mesi, lo capiamo subito.
Questa necessità di adattamento ha portato a delle scelte varietali specifiche. Su cosa vi state concentrando maggiormente?
Sicuramente l'attenzione è attualmente puntata sulla Haskap Berry (mirtillo siberiano). Abbiamo introdotto questa bacca e vediamo che nei nostri climi si adatta benissimo, con uno sviluppo rapido e una pianta rigogliosa.
Il mirtillo siberiano prodotto da Chiara Guffanti
Stiamo cercando di farla conoscere sul mercato italiano perché, sebbene sia molto usata in America e nei Paesi scandinavi, in Italia il 90% dei clienti a cui l'abbiamo proposta non ne conosceva l'esistenza. Al momento ne coltiviamo circa 150 piante, sufficienti per la realizzazione di prodotti trasformati.
Sul fronte del lampone, invece, ci stiamo concentrando sulla ricerca. Abbiamo identificato la varietà Easy Rock che si è comportata molto bene. Tuttavia, la nostra sfida attuale è trovare una varietà di lampone giallo che resista bene all'umidità delle nostre aree, un problema che ha richiesto molte prove con varietà di lamponi arancioni e gialli, che faticano a crescere qui. Le principali novità su cui ci stiamo focalizzando sono quindi il lampone giallo e l'Haskap.
Avete accennato al mirtillo. Nonostante la sua popolarità, sembra che non abbiate intenzione di espandere quella coltivazione. È corretto?
Sì. Il mercato del mirtillo, per quanto forte, è estremamente competitivo. Non pensiamo di ampliare la coltivazione. Abbiamo comunque impiantato circa 1500 piante, scegliendo cinque varietà differenti, per capire quale fosse la più apprezzata dalla clientela e più resistente in termini di shelf life. Gestiamo anche un campo sperimentale; dopo un paio d'anni, le varietà che non ci convincono vengono sostituite.

La vostra scelta sui canali di distribuzione è molto particolare. Avete puntato su una nicchia specifica.
Esatto. Avendo un prodotto di nicchia e trovandoci a soli 20 minuti dal Lago di Como, abbiamo posizionato i nostri frutti freschi su un livello medio-alto.
Proponiamo la nostra frutta fresca principalmente ad alberghi e ristoranti di alto livello sul Lago di Como. Abbiamo selezionato questa nicchia perché sono clienti che sanno valorizzare il prodotto territoriale e sono disposti a pagare un prezzo adeguato. Circa il 50% del nostro prodotto è destinato a questa fascia di mercato.
Tra i vostri clienti ci sono Roberto Nese, Executive Chef di Passalacqua (considerato il migliore albergo al mondo) e Osvaldo Presazzi, allievo del grande Gualtiero Marchesi ed executive chef di Grand Hotel Tremezzo. Quali standard logistici e di qualità sono necessari per servire una clientela così esigente e mantenere la sua soddisfazione, anche in termini di prezzo?
La freschezza è fondamentale. Consegniamo il prodotto in media due o tre volte a settimana. Ad esempio, il lampone viene raccolto, stoccato in cella per qualche ora, e consegnato quasi immediatamente, non rimane in cella nemmeno una giornata intera.
Questo ci differenzia dalla Grande Distribuzione, dove i frutti possono stare in giro per giorni o settimane, perdendo qualità.
Chiara Guffanti con Osvaldo Presazzi, Executive Chef di Grand Hotel Tremezzo
Inoltre, selezioniamo varietà che siano eccellenti a livello di gusto. Il nostro frutto viene spesso servito fresco, ad esempio nelle colazioni, non solo per guarnire. È quindi essenziale che abbia un'ottima consistenza, sapore e dolcezza. La nostra "prova del nove" è il prodotto "nudo e crudo", cioè presentato al naturale: se non è buono così, non va bene.
Avete adottato dei disciplinari di produzione specifici, come il biologico?
Quando abbiamo rilevato l'attività, avevamo la certificazione biologica, e l'abbiamo mantenuta per un paio d'anni. Tuttavia, l'abbiamo tolta. Questo perché la clientela non dava il giusto valore economico a questa certificazione, e perché la gestione di colture delicate come le nostre, se biologica, comporta un rischio enorme sulla produzione.
Attualmente, seguiamo un protocollo a livello di concimazione biologica, usando prodotti certificati. Tuttavia, in caso di emergenza, come un'esplosione di larvette sul lampone, non esitiamo a usare un prodotto chimico per contrastare il danno, cosa che fortunatamente accade raramente. I prodotti biologici funzionano solo fino a un certo punto, soprattutto nelle emergenze.

Passando al prodotto trasformato, che ruolo strategico riveste nella vostra attività?
Il trasformato incide per circa il 50% della nostra produzione totale. Questa è una scelta strategica e di marketing, non è che trasformiamo il prodotto che non riusciamo a vendere fresco. La quantità di prodotto fresco disponibile viene venduta facilmente.
L'obiettivo principale della trasformazione è permetterci di lavorare durante tutto l'anno, evitando che l'attività si blocchi ad agosto.
Abbiamo ampliato molto la linea, focalizzandoci sulla naturalità. Oggi, un buon 95% dei nostri prodotti trasformati è privo di zuccheri raffinati, utilizzando ad esempio succo di mele.
Stiamo testando anche composte al 100% frutta (mono-frutto), un processo più difficile a causa della mancanza di zuccheri che ne influenza la consistenza e l'acidità, specialmente con il lampone.

Come gestite la commercializzazione del prodotto trasformato e le vendite fuori zona?
Al momento facciamo vendita diretta tramite il nostro punto vendita (attivo fino ai primi freddi) e consegne a domicilio durante l'inverno. Però, presto avvieremo lo shop online.
L'e-commerce è diventato essenziale, specialmente perché abbiamo clienti ristoratori anche fuori dall'area di Como. Avere un e-commerce ci permetterà di dare più valore anche alla nostra presenza sui social network, che finora abbiamo usato principalmente per la clientela privata.

Voi puntate molto sul prodotto locale. Vedete un apprezzamento costante da parte del consumatore sull'origine o il cileno e il marocchino sono ancora concorrenti forti?
Molti clienti, quando provano il nostro prodotto, dicono: "Questo sì che è un mirtillo, non come quello del supermercato". Però, è la stessa gente che, quando il nostro prodotto manca, acquista il mirtillo sugli scaffali, anche se arriva dal Cile o dal Marocco. È un prodotto di consumo frequente che "deve esserci" sulle tavole.
Tuttavia, c'è una fetta di clientela che segue la stagionalità e aspetta proprio la nostra produzione. Per ovviare alla mancanza invernale, nell'ultimo anno abbiamo notato una forte tendenza da parte dei clienti a fare scorta dei nostri mirtilli freschi per congelarli e consumarli durante tutto l'anno, evitando l'acquisto di provenienza estera. I frutti di bosco mantengono intatte le loro proprietà anche dopo il congelamento, e i clienti sono molto aperti a sperimentare questa strategia che noi consigliamo.

Infine, quali sono i problemi più pressanti che deve affrontare un produttore come voi oggi?
I problemi sono tanti, a volte verrebbe quasi voglia di chiudere. La principale criticità è il clima. La nostra zona è soggetta a grandinate. Fortunatamente, le nuove coperture realizzate ad hoc ci stanno salvando, riducendo le perdite al 5% o meno, contro l'80% che perdevamo prima. Anche le piogge primaverili sono un problema, portando muffe che quest'anno hanno causato una perdita di circa il 10% del prodotto.
Poi ci sono gli insetti. La Drosophila è il più temuto in assoluto. Fortunatamente, nelle nostre zone, i danni della Popillia sono ancora molto limitati. Col tempo si imparano i segreti del mestiere per tenere a bada anche queste problematiche.

Foto di copertina: Chiara Guffanti con Roberto Nese, Executive Chef di Passalacqua

