In un'economia globalizzata, in cui gli scambi vengono valutati secondo un ampio spettro di criteri, che significato si può dare all'aggettivo “locale” riferito a un prodotto agricolo come i mirtilli? E' un'accezione di distanza, di stagionalità o di sostenibilità? Quale segmentazione è più efficace per il consumatore italiano? Quali sono le politiche di segmentazione adottate dalla GDO italiana?
Vediamo innanzitutto cosa si può intendere per “locale” dal punto di vista geografico e che raggio di distanza considerare per poter definire tale un prodotto come i mirtilli.
Locale internazionale
In un recente seminario sulla situazione globale del mercato del mirtillo in periodo Covid-19 è stata data una definizione interessante di prodotto locale:
è “locale” il mirtillo che viene consegnato via terra tramite camion
Questo suppone due tipologie di prodotto: quello “locale” che può raggiungere i mercati tramite un trasporto via terra che dura da 2 a 5 giorni e quello che deve utilizzare i trasporti via mare o via aerea per raggiungere il consumatore.
Con questa definizione si può parlare di mirtillo locale per i mercati europei per tutte le produzioni collocate in un raggio di circa 3000 km, che corrisponde alla distanza tra Agadir (Marocco) e Londra, tra Huelva (Spagna) e Berlino, oppure tra l'Ucraina e Parigi.
Si tratta quindi di una vicinanza “di servizio” che ha come caratteristica principale la possibilità di mantenere entro pochi giorni il tempo che intercorre tra l'ordine e la consegna. Non costituisce quindi direttamente un elemento di segmentazione nei confronti del consumatore.
Questo tipo di prodotto locale è ormai disponibile 12 mesi l'anno per i mercati europei da quando il Marocco ha esteso la propria stagione da settembre a maggio.
Locale-locale
Ma per i piccoli frutti è tradizionalmente rilevante anche un diverso concetto di vicinanza, che potremmo chiamare il locale-locale. Specialmente negli Stati Uniti e nei paesi del Nord Europa è molto comune l'abitudine di acquistare direttamente presso l'agricoltore, dai mercati contadini oppure con il pick your own, dove il consumatore raccoglie in campagna il prodotto che desidera acquistare. Quese forme di acquisto stanno diffondendosi con successo crescente anche in Italia.
Questo tipo di prodotto è disponibile per non più di 6-8 settimane l'anno e solo nelle zone di produzione che il consumatore può raggiungere con un breve viaggio in automobile (massimo 1-2 ore). Pensiamo ad esempio alle produzioni del Nord Italia in varie finestre del periodo giugno-agosto.
Locale nazionale
Abbiamo visto che mentre il locale internazionale ha rilevanza principalmente nei commerci (programmazione e logistica degli ordini), il locale-locale tende a creare degli spostamenti nei canali d'acquisto (in giugno il consumatore di Saluzzo preferisce comprare i mirtilli dal produttore che ha la bancarella sulla strada, invece che al solito supermercato).
Quindi entrambi questi concetti sono difficilmente utilizzabili dalla GDO per intercettare particolari segmenti di consumatori.
Invece il concetto di locale che sta crescendo di importanza è quello che definisce come locale tutto il prodotto di provenienza nazionale. Anche per l'ortofrutta il “Made in Italy” sembra essere un fattore vincente e si moltiplicano nelle etichette i riferimenti al tricolore.
Dal 2019 è legge l’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti (non solo l'ortofrutta) con lo scopo anche di valorizzare le produzioni nazionali e contrastare le falsificazioni.
Questo sta portando maggiore attenzione sul “Made in Italy” da parte del consumatore e della GDO italiana. Secondo una ricerca di Beuc (l’organizzazione europea dei consumatori) l'82% dei cittadini italiani (70% in Europa) vuole conoscere da dove viene il cibo sulle loro tavole.
Secondo l'Osservatorio Immagino di Nielsen
l'Italianità è entrata prepotentemente, e sembra stabilmente, nel carrello della spesa
Osservatorio Immagino 2019
e “ormai un prodotto su quattro acquistato in supermercati e ipermercati riporta sull'etichetta un riferimento alla sua origine nazionale”.
Secondo Nielsen il giro di affari dei prodotti sul cui packaging è richiamata l’origine italiana supererebbe i sette miliardi di euro; il 75% degli italiani è disposto a spendere di più per avere la certezza dell’origine italiana dei prodotti; l’80% degli italiani ritiene che l’origine delle materie prime dei prodotti debba essere facilmente leggibile sul packaging; il 78% degli italiani afferma di sentirsi rassicurato dalla certificazione di origine 100% italiana.
Per quanto riguarda i mirtilli, l'interesse per la GDO a concentrarsi su forniture di origine nazionale ha portato i principali player nazionali (tra cui Sant'Orsola, Spreafico, Aurora) a estendere la produzione italiana da marzo a settembre, stringendo accordi con produttori dalla Sicilia al Trentino per coprire un'ampia porzione del calendario annuale.
Conad ha recentemente annunciato di voler utilizzare un proprio marchio per la produzione nazionale, e PAM ha fatto lo stesso stringendo un accordo di esclusiva con Sant'Orsola. Questi marchi hanno come scopo sottolineare il “made in Italy” come un elemento di differenziazione per il consumatore italiano.
Altri “locali”
Vale la pena accennare come il termine “locale” spesso si sovrapponga nella percezione del consumatore con altri significati più legati alla salubrità, la genuinità, l'autenticità, la stagionalità, la tradizione e la familiarità.
Si tratta di concetti dai contorni poco definiti e che il consumatore conosce ma spesso fa fatica a ricondurre a una dimensione pratica, definendoli con precisione oppure coniugandoli in azioni pratiche quotidiane.
Ad esempio secondo un sondaggio BBC solo un consumatore inglese su 10 sa cosa vuol dire “di stagione“, mentre un'indagine Ipsos-Fondazione Barilla ha rivelato che tra gli under 27 in Italia la “sostenibilità” è un concetto familiare al 40% degli intervistati, ma pochi conoscono il nesso che la collega alla produzione di cibo. Solo 1 su 3, tra chi conosce la sostenibilità, pensa che il benessere del Pianeta dipenda anche da cosa mettiamo nel piatto.
Esiste un segmento “locale”?
Nei principali mercati dei mirtilli italiani, nel nostro paese ma anche in Europa, si sta rafforzando l'interesse dei consumatori per un prodotto contrassegnato come di provenienza nazionale. In alcuni casi questo ha dato origine a un segmento di mercato strategico per la GDO e che sta influenzando in modo rilevante i flussi internazionali di prodotto, riducendo i flussi internazionali a favore di quelli domestici.
Per potersi definire come un vero segmento di mercato è però necessario che venga proposto ai consumatori assieme ad altri segmenti: ad esempio può combinarsi con un segmento discount alimentato dalle provenienze più a buon mercato. In questo modo si soddisfa un pubblico di consumatori più ampio e diversificato e complessivamente si aumentano le vendite.
vuoi approfondire la segmentazione di mercato?
Continua su Italian Berry la lettura su questo tema!