26 ago 2025

Mirtilli: come sono diventati un driver strategico per l’ortofrutta britannica

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Fino a trent’anni fa i mirtilli erano pressoché assenti dalla dieta dei consumatori britannici. Oggi, invece, rappresentano uno dei segmenti più dinamici dell’ortofrutta fresca: secondo le ultime rilevazioni, più della metà delle famiglie del Regno Unito li consuma regolarmente e il mercato interno ha superato le 53.000 tonnellate annue.

Un’evoluzione rapidissima, che ha trasformato un prodotto di importazione in un comparto sempre più strategico anche per la produzione locale.

L'impatto è talmente evidente che la prestigiosa testata giornalistica "The Sunday Times" ha dedicato al mirtillo uno speciale di 8 pagine intitolato "Come sono diventati così popolari i mirtilli?".

L’ingresso dei mirtilli nei supermercati britannici risale agli anni Novanta, quando la grande distribuzione li propose come “superfood”, facili da consumare, versatili e ricchi di benefici per la salute.

La loro “snackability” – la possibilità di essere consumati in qualsiasi momento senza preparazione – è stata un fattore chiave per conquistare nuove fasce di pubblico, dai bambini agli over-55, contribuendo a creare un’abitudine di consumo ormai consolidata.

Impatto e dipendenza dalle importazioni

L’impatto sul mercato è evidente. Catene come Marks & Spencer dichiarano ricavi dai mirtilli superiori a quelli generati da mele e pere sommate, mentre da Aldi le confezioni vendute superano quelle delle arance con un rapporto di oltre tre a uno.

La crescita delle vendite negli ultimi tre anni è stata superiore al 40% e le stime indicano che il comparto potrebbe superare il miliardo di sterline (circa 1,18 miliardi di Euro) entro la fine del decennio.

Se il boom dei consumi è stato trainato dalle importazioni – con Stati Uniti e Canada storici fornitori e il Perù diventato in pochi anni primo esportatore mondiale – la crescente dipendenza dall’estero ha mostrato criticità.

Nel 2023, ad esempio, la siccità ha ridotto del 22% il raccolto peruviano, mettendo in evidenza la vulnerabilità di un sistema fortemente sbilanciato sull’offerta di un singolo Paese.

Produzione nazionale e innovazione tecnologica

In questo contesto si inserisce la crescita della produzione domestica. Il caso più emblematico è quello di Hall Hunter Farms, nel Surrey, che da sola copre il 43% dell’offerta britannica.

L’azienda è passata dalle 1.000 tonnellate del 2008 alle oltre 2.500 attuali, con l’obiettivo di raggiungere le 4.000 tonnellate grazie a nuovi impianti e varietà più adatte al clima locale.

L’adozione di tecnologie avanzate – macchine di raccolta automatizzata con capacità di 600 kg/ora e sistemi di selezione basati su intelligenza artificiale – rappresenta un ulteriore passo verso la competitività.

La stagione 2025 ha confermato il potenziale del comparto. Una primavera eccezionalmente calda e luminosa ha favorito frutti di calibro maggiore e maturazione più uniforme, con un incremento produttivo del 25% e vendite in crescita del 9% anno su anno.

Hall Hunter ha già automatizzato il 10% della raccolta e prevede di arrivare al 30% entro il prossimo anno, mentre per fragole e frutti di bosco più delicati la raccolta resta manuale.

Le radici storiche e culturali del successo

La rapida ascesa dei mirtilli non è soltanto una questione di consumi moderni. La loro coltivazione commerciale è relativamente recente: fino ai primi del ’900 erano consumati solo in forma selvatica in Nord America, dove crescevano spontaneamente e si diffondevano attraverso rizomi, uccelli e animali selvatici.

La svolta arrivò nel 1911, quando la coltivatrice Elizabeth White e il botanico Frederick Colville iniziarono un lavoro sistematico di incrocio di piante spontanee nel New Jersey. Nel 1916 venne raccolto il primo raccolto coltivato della storia.

Per decenni i mirtilli restarono un frutto quasi sconosciuto in Europa, percepito come tipicamente americano (comparivano soprattutto nei muffin o nelle gomme da masticare).

Solo negli anni ’90, con l’arrivo della North-West American Blueberry Commission e le prime degustazioni organizzate nei supermercati britannici, si cominciò a promuovere attivamente il loro consumo.

Da allora, grazie anche al supporto della narrativa salutistica del “superfood”, i mirtilli hanno trovato un posizionamento stabile e di lungo periodo.

Sfide future: manodopera, meccanizzazione e premiumisation

Un altro aspetto centrale riguarda i costi della manodopera. I mirtilli richiedono molta forza lavoro stagionale: nei campi di Hall Hunter, ad esempio, operano decine di lavoratori migranti provenienti da Paesi extra-UE, spesso con contratti di sei mesi.

La raccolta manuale resta oggi necessaria per mantenere elevati standard qualitativi, ma rappresenta oltre il 60% dei costi di produzione.

Da qui il forte interesse verso la meccanizzazione: i prototipi già testati riescono a raccogliere centinaia di chili all’ora, anche se con un tasso di perdita del 20% dovuto a frutti non maturi o danneggiati.

La sfida sarà rendere queste macchine sempre più selettive e introdurre varietà con un’architettura della pianta più adatta alla raccolta automatizzata.

Parallelamente si sta sviluppando il fenomeno della premiumisation. I retailer segmentano l’offerta in tre fasce – economica, standard e premium – differenziando soprattutto in base alla pezzatura.

Nei segmenti più alti, come Tesco Finest o M&S Taste the Difference, vengono accettati solo frutti di 18–22 mm di diametro, capaci di garantire al produttore un sovrapprezzo di 3 sterline/kg (circa 3,54 Euro/kg) rispetto alla media.

Anche se la dimensione non sempre corrisponde a un gusto migliore, la tendenza a spingere varietà più grandi e visivamente perfette appare ormai consolidata.

La corsa alle varietà britanniche

La sfida di lungo termine è però varietale. Oggi quasi tutte le cultivar piantate nel Regno Unito provengono da programmi di breeding internazionali, principalmente in Florida, con il pagamento di royalties su piante o su chili raccolti.

Due recenti novità segnano una svolta: Orb, selezionata da BerryWorld Plus, e Highland Charm, sviluppata dal James Hutton Institute in Scozia.

Entrambe sono state registrate presso il CPVO come nuove varietà britanniche, con caratteristiche di resistenza al gelo, maturazione precoce e compatibilità con la raccolta meccanica.

Se queste innovazioni manterranno le promesse, potrebbero estendere la stagione produttiva nazionale da sei settimane a tre o quattro mesi, riducendo sensibilmente la dipendenza dalle importazioni.

Per il settore ortofrutticolo britannico, si tratterebbe non solo di un salto in termini di sicurezza alimentare, ma anche di un vantaggio competitivo sul piano della sostenibilità e della redditività.

Prospettive solide

Il successo dei mirtilli nel Regno Unito è una combinazione di fattori culturali, commerciali e tecnologici: dal racconto salutistico del “superfood” alle innovazioni varietali, dalla spinta della distribuzione moderna agli investimenti in automazione.

La traiettoria è chiara: i mirtilli non sono più una moda passeggera, ma un prodotto destinato a rimanere.

Per gli operatori del settore ortofrutticolo, rappresentano oggi uno dei comparti più interessanti per redditività, innovazione e prospettive di crescita a medio-lungo termine.


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