“Il consumatore di piccoli frutti è evoluto moltissimo e continua a evolvere. È attento al frutto e la sua consapevolezza sta crescendo. Cerca mirtilli croccanti, saporiti e sani. Il fatto che siano italiani non basta più”, riflettendo sugli ultimi anni di consumo di piccoli frutti e gettando lo sguardo avanti, il direttore della Sant’Orsola, Matteo Bortolini vede molto spazio di crescita ancora, in Italia. Una crescita possibile sia in termini di superfici da coltivare a mirtillo, sia in termini di consumi.
A 5 anni dal Mirtillo Business Day, primo evento italiano B to B cui Sant’Orsola partecipò, secondo Bortolini “non riusciamo a pareggiare la domanda di mirtillo in Italia con l’offerta”.
Sant’Orsola, nata più di 40 anni fa in Trentino, è fra i primi player italiani nel mondo dei piccoli frutti, con un fatturato 2023 per piccoli frutti, fragole e ciliegie pari a 65 mln di euro, l’11,57% in più sul 2022. Guardando solo al mirtillo, che vale il 30/35% della produzione in quantità, lo scorso anno i produttori Sant’Orsola hanno raccolto 1.300 tonnellate. La base produttiva conta ad oggi 750 imprenditori agricoli ed è distribuita su tutto il territorio italiano.
Investire in mirtillo porta frutti
“Non credo si possa dire per molte altre merceologie, come per il mirtillo, che si può investire stando certi che in futuro il mirtillo non deluderà”, ci ha detto ancora Matteo Bortolini.
Poi ha spiegato: “Io vedo una crescita che non sarà mai pari all’aumento dei consumi, in Italia. Non bisogna avere paura di investire in un impianto di mirtilli, se fatto bene. Il costo a ettaro è importante, si aggira fra i 130-150 mila euro a ettaro ma se scegli di essere affiancato da una realtà come la nostra, come produttore, riesci ad affrontare anche annate con il meteo avverso.
Sant’Orsola mette a disposizione dei soci produttori tutto il know-how, c’è l’assistenza tecnica e affianchiamo il nuovo socio fin dalla progettazione dell’impianto. Si va dalla scelta varietale fino alla commercializzazione. È un investimento che non va fatto certo a cuor leggero perché deve durare 12-15 anni ma se fatto ‘con la testa’ dà frutti”.
Mirtillo 2024, “una stagione con calibri più piccoli”
A proposito di meteo avverso, la stagione 2024, nonostante le piogge è andata bene per Sant’Orsola: “È stata una buona stagione in generale. C’è stato un momento critico a metà di giugno, abbiamo avuto la stagione delle piogge. Chi però aveva un impianto coperto ed era ben organizzato non ne ha risentito. Una stagione con calibri mediamente più piccoli a causa del caldo, ma i volumi ci sono stati”, ci ha raccontato ancora il direttore della Cooperativa.
Sant’Orsola produce in Italia a partire da gennaio, con i primi stacchi, in Sicilia e risalendo lo stivale fino a fine settembre quando chiude il Trentino. “La produzione nazionale è comunque insufficiente. Un tempo – ha specificato ancora Bortolini - le importazioni erano concentrate in contro-stagione, oggi importiamo tutto l’anno.
Per quanto riguarda il mirtillo, in particolare, la parte del leone fino a due anni fa la faceva il Perù. Il 2023 però è stata una stagione difficile in Perù.
Oggi stanno avanzando Paesi che possiamo chiamare emergenti come tutti i Paesi del sud dell’Africa: Sudafrica, Namibia, Zimbabwe. Questo è il periodo in cui si moltiplicano le origini e la carenza di prodotto si riverbera sui prezzi”.
Il peso dei diversi canali distributivi
Guardando invece allo sbocco del prodotto mirtillo di Sant’Orsola sui mercati, il 60% circa è destinato alla GDO, il 40% ai mercati ortofrutticoli.
Il mirtillo della cooperativa trentina va quasi esclusivamente sul mercato italiano: “L’estero ormai vale il 2-3%, principalmente concentrato in Germania. Il nostro mercato di riferimento è nazionale. Nel tempo abbiamo visto che, fra i piccoli frutti, il mirtillo è quello che ha avuto una velocità di crescita maggiore. È pratico da consumare, più semplice da gestire, gli altri piccoli frutti sono più delicati, il mirtillo si mantiene di più in frigorifero”.
Ed ecco spiegate alcune delle ragioni del successo del mirtillo negli ultimi anni.
Mirtillo, un mercato sempre più segmentato
Matteo Bortolini è convinto che il mercato del mirtillo si stia segmentando: “Lo vediamo per esempio con il packaging. Sono cresciuti i tipi e i formati che ora vanno da 100 grammi a 500. C’è un consumatore che sceglie a prescindere la carta – ha spiegato - perché ha deciso di essere plastic free. Sceglie la carta anche se alcuni prodotti, come ad esempio il lampone, durano meno in frigorifero se confezionati in carta.
Noi utilizziamo anche la carta ma oggi ci sono gli strumenti tecnici per fare in modo che anche la plastica sia altrettanto sostenibile. Noi usiamo solo Rpet, plastica riciclata, i nostri fornitori hanno filiera controllate e certificate, non vedo perché questo tipo d’imballaggio dovrebbe essere meno etico della carta”.
La segmentazione riguarda anche i calibri richiesti: “Il consumatore ama calibri grandi ma c’è per esempio la pasticceria dove si devono farcire pasticcini e torte, serve quindi un mirtillo più piccolo. Ed ecco perché, quando si fa innovazione varietale, non si deve esasperare una caratteristica. Noi abbiamo imparato che esasperando una caratteristica si rischia di perdere le altre”.
Barbara Righini