Una delle prime decisioni da prendere quando si valuta un nuovo investimento produttivo è la dimensione dell’impianto.
Questo vale in particolare per i piccoli frutti, una categoria che è caratterizzata da importanti opportunità di mercato, elevati investimenti e una serie di criticità operative.
All’aumento delle dimensioni produttive varia il mercato di riferimento (e di conseguenza i prezzi) e il produttore dovrà affrontare sfide sempre maggiori anche dal punto di vista organizzativo.
Il mercato
I piccoli frutti godono di un’ottima immagine presso i consumatori, che ne apprezzano le proprietà salutistiche e la naturalità.
Per questi motivi sono numerosi i produttori che scelgono il canale diretto per commercializzare propri lamponi e mirtilli, attraverso banchetti di vendita sulla strada nelle vicinanza dell’azienda agricola o organizzando giornate di raccolta diretta dove il consumatore può fare esperienza in campagna ed entrare a contatto con le piante, i frutti e le modalità di raccolta. Sta prendendo piede anche la vendita sui canali elettronici, tramite gli e-shop aziendali.
Ci sono vari fattori che possono contribuire al successo della vendita diretta:
- posizione del punto vendita o dell’azienda agricola: sono favorite le attività vicino ai grandi centri urbani, nelle vicinanze di vie di comunicazione molto frequentate e quelle ad alta densità turistica;
- profondità della gamma: è consigliabile non limitarsi alla produzione di un solo articolo (ad esempio mirtilli) ma offrire al consumatore una gamma più ampia che, oltre ai principali piccoli frutti, potrebbe includere anche frutti minori che attirano l’attenzione del consumatore, suscitando interesse come novità (ad esempio il lampone giallo o il mini kiwi) oppure come recupero di produzioni tradizionali dimenticate (come la giuggiola in certe regioni).
- ampiezza della gamma: l’offerta può comprendere, oltre al prodotto fresco, anche il trasformato: succhi, confetture, essiccato;
- segmentazione: nella vendita diretta il produttore ha l’opportunità di vendere anche prodotti di seconda categoria adatti alla trasformazione: il consumatore troverà quindi prodotti a prezzi più convenienti per fare in casa confetture, succhi, frullati oppure per la surgelazione.
La vendita diretta non può fare a meno di un’adeguata presenza promozionale sui social media e di Internet in generale. A questo riguardo rimandiamo ai webinar organizzati da Direttissima.
Il limite di questa forma di vendita è nella dimensione siccome il mercato di riferimento è solo locale ed è ristretto a un unico canale di vendita.
All’aumentare delle dimensioni, il produttore dovrà quindi allargare anche i propri canali di vendita: pur mantenendo un ambito di attività locale si rivolgerà innanzitutto a pasticcerie, gelaterie e ristoranti che utilizzano i piccoli frutti come ingrediente per i propri prodotti o preparazioni.
Sempre in ambito locale si possono attivare le forniture dirette ai canali di vendita al dettaglio come i fruttivendoli e i supermercati. In particolare questi ultimi hanno spesso interesse alle produzioni locali.
Un ulteriore passo nella crescita produttiva renderà necessario rivolgersi ai grossisti specializzati di piccoli frutti che hanno ambiti di azione regionale o nazionale. Questi canali possono richiedere l’attivazione di infrastrutture di pre-refrigerazione (una cella frigorifera adeguatamente dimensionata) e una idonea organizzazione logistica (principalmente per soddisfare le esigenze del cliente in tema di imballaggi e trasporti).
L’ultimo grado nella scala dimensionale si ha quando le produzioni superano le possibilità di vendita locali, regionali e nazionali e il produttore si deve rivolgere, più o meno direttamente, al mercato estero. Questo obiettivo di internazionalizzazione può essere anche solo temporaneo, per fare fronte a picchi produttivi stagionali.
I prezzi
La vendita al consumatore è la modalità commerciale più remunerativa e diretta, grazie alla quale il produttore può facilmente realizzare prezzi attorno a € 15 al chilogrammo.
Utilizzare canali di vendita indiretti invece significa riconoscere un margine anche agli altri anelli della catena distributiva e quindi la remuneratività per il produttore diminuirà di conseguenza.
Affrontare mercati regionali, nazionali e internazionali esporrà il produttore a una concorrenza sempre più ampia e aggressiva, che lo metterà a confronto con paesi che hanno costi di produzione significativamente inferiori e produzioni su scala maggiore. A livello internazionale giocano un ruolo importante anche le quantità che vengono immesse complessivamente sul mercato: nei periodi di picco produttivo si corre il rischio che i prezzi di mercato non coprano i costi di produzione.
Le sfide organizzative
Oltre alla dimensione economica dell’investimento, che può raggiungere i 100.000 € per ettaro, l’imprenditore agricolo che vuole investire nei piccoli frutti deve affrontare le crescenti sfide derivanti dalla gestione della manodopera.
I piccoli frutti sono infatti colture caratterizzate da un’elevata incidenza della manodopera, in particolare nella fase di raccolta. Si tratta di garantire un’adeguata disponibilità di personale per coprire tutte le fasi del processo produttivo dalla campagna al magazzino di lavorazione.
Diventa quindi un fattore critico riuscire ad avere sufficiente disponibilità di forza lavoro in modo regolare e affidabile in particolare durante le fasi della raccolta, che normalmente si estende anche per diversi mesi.
Le difficoltà nel reperire la manodopera agricola stanno facendo aumentare l’interesse per le macchine per la raccolta automatica e per le linee di selezione e confezionamento, con diversi gradi di automazione.
Conclusioni
La scelta della dimensione aziendale è strettamente collegata ai prezzi che si potranno realizzare sui mercati di riferimento, agli investimenti necessari per servire adeguatamente questi mercati e ad alcune criticità operative, la cui principale al momento è legata alla ridotta disponibilità di manodopera.
L’imprenditore dovrà valutare attentamente tutti questi aspetti per pianificare in modo adeguato il proprio investimento, dimensionandolo in funzione dei propri obiettivi e all’accesso a risorse finanziarie e di forza lavoro.
Si tratta quindi di una coltura non scalabile linearmente: ad ogni aumento della struttura produttiva aumenta più che proporzionalmente la complessità delle sfide e il capitale necessario per mantenere la produzione sostenibile.
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