In un panorama agricolo sempre più attento a innovazione, sostenibilità e diversificazione colturale, Lucio Alciati propone una riflessione e un esperimento concreto: può una tecnica di innesto antica rivelarsi la chiave per rilanciare la coltivazione della Josta, frutto dimenticato ma ricco di potenzialità? Ecco cosa ci ha raccontato.
Qual è il contesto storico della Josta nella Valle Grana?
Lucio Alciati: "un tempo non lontano la Valle Grana era la terra regina dei piccoli frutti. Coltivazioni di lamponi, ribes, more erano ogni dove con i suoi brillanti colori e suadenti profumi. Poi l’arrivo di produzioni dall’Est Europa a prezzi inferiori causati principalmente per il loro basso costo della manodopera. Ciò ha imposto, purtroppo, un cambio di coltivazione a favore del Kiwi, lasciandoci solo più piccole e ormai rare coltivazioni delle suddette bacche benefiche.
In quel tempo oltre ai lamponi , more, ribes rosso e nero si era tentata, nella nostra zona, ancor prima del mirtillo, la coltivazione della Josta."
Cos'è la Josta e perché non ha avuto successo in passato?
"La Josta deriva da un incrocio eseguito circa un secolo fa tra ribes nero e uva spina con l’obiettivo di ottenere un frutto simile alla fragrante uva spina ma da pianta senza spine. Così si è ottenuto un cespuglio vigoroso, senza spine, molto resistente alle malattie, che produce delle ghiotte bacche dal gusto che ricorda l’uva spina, di colore scuro, dalla buccia croccante, di buona conservazione, che a maturazione avanzata il sapore si avvicina al ribes nero."
"Tuttavia", ha continuato "non ebbe fortuna perché di non facile gestione della vegetazione, per cui non adatto alla raccolta meccanica e anche di relativa difficoltà nella raccolta manuale. Anche l'opacità della buccia, allora, era considerata una caratteristica tendenzialmente negativa. Ora superata se si pensa alla buccia dei mirtilli."
Cosa l'ha spinta a riprendere in mano la coltivazione della Josta?
"Leggendo l’interessante ed esaustiva opera del compianto prof. Giancarlo Bounous, redatta con la collaborazione del prof. Gabriele Loris Beccaro e della prof.ssa Maria Gabriella Mellano, intitolata” Piccoli frutti e altri superfrutti”(edit. Edagricole), sono stato colpito dal paragrafo in cui si notizia che è in uso, nell’Est Europa, la tecnica dell’innesto dell’uva spina su ribes odoratum (aureum).
Il ribes odoratoum, molto resistente alle malattie e resiliente, viene impiegato come portainnesto al fine di dotare alla pianta una forma ad alberello consentendo così una raccolta più comoda e agevole oltre a trasmettere le suddette caratteristiche e migliore qualità. Una tecnica già citata in pubblicazioni di metà ‘800."
Cosa l’ha spinta a sperimentare l’innesto della Josta su ribes odoratum e quali risultati si aspetta?
Alciati spiega: "Mi sono chiesto: perché non provare ad usare tale tecnica innestando la negletta Josta sul suddetto ribes odoratoum? Potrà migliorarne la struttura facilitando le operazioni di raccolta? Donerà migliore aromaticità alla bacca? Aumenterà ancor di più la resilienza a fronte delle sempre più frequenti fitopatie e stravolgimenti climatici? Quindi potrà diventare nuova interessante opportunità nel mercato dei berries? Esistono già risposte in merito?"
"Comunque sia, per ora i miei innesti paiono promettenti per un appassionato riscontro con una prova in campo. Vedremo il loro comportamento nel tempo", ha concluso.
Tra passato e futuro, la sperimentazione di Lucio Alciati con la Josta innestata su ribes odoratum riaccende i riflettori su un frutto dimenticato. Sarà il tempo e il campo a dare le risposte, ma l'interesse c'è, e in un mercato dei piccoli frutti sempre più competitivo, ogni innovazione conta.