14 mag 2025

Difendere la fragola: dati, contesto e responsabilità nella comunicazione sui residui chimici

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Ogni anno, con l’arrivo della primavera, la fragola torna protagonista nel reparto ortofrutta e nella comunicazione mediatica. Ma insieme al rinnovato interesse dei consumatori, riaffiorano anche le critiche: secondo un recente test pubblicato da "Il Salvagente", su 15 vaschette di fragole acquistate nei supermercati italiani sono state rilevate tracce di residui di pesticidi, fino a un massimo di sette per campione. Sebbene tutti i prodotti risultino conformi alla normativa europea – che stabilisce limiti rigorosi e controlli puntuali – il tono del servizio alimenta un clima di sfiducia, generalizzando su un’intera categoria produttiva.

In un contesto così delicato, è fondamentale riportare equilibrio nella narrazione, offrendo agli operatori della filiera, ai distributori e ai decisori istituzionali una lettura tecnica e oggettiva dei fatti.

Conformità alla legge non è dettaglio secondario

Il primo elemento da chiarire è che nessuno dei campioni analizzati ha superato i limiti di legge. Le fragole prodotte in Italia, anche quelle oggetto del test, rispettano pienamente i requisiti della normativa UE in materia di residui, tra le più stringenti al mondo. Questo non è un aspetto marginale: la legalità e la sicurezza alimentare sono il risultato di un lavoro quotidiano, fatto di controlli, buone pratiche agricole, tracciabilità e investimenti continui da parte dei produttori.

Residui multipli: attenzione alla semplificazione

L’esistenza di più residui in un singolo campione – il cosiddetto multiresiduo – viene spesso interpretata come segnale allarmante, ma non equivale automaticamente a un rischio sanitario. Le soglie legali sono state definite proprio per garantire che anche la somma delle esposizioni resti entro margini sicuri. Il principio di precauzione va rispettato, ma senza scivolare nella sovrapposizione tra rischio percepito e rischio reale.

Differenziare è doveroso

Il test stesso mostra come esistano produttori virtuosi all’interno della filiera. Oltre a due campioni biologici risultati eccellenti, anche un prodotto convenzionale – Conad Percorso Qualità – ha ottenuto valutazioni positive, con un solo residuo rilevato in quantità minima. Questo dimostra che non tutta la produzione segue le stesse logiche e che la filiera italiana delle fragole è tutt’altro che omogenea. Fare di tutta l’erba un fascio è scorretto e dannoso, soprattutto per quei produttori che investono in sostenibilità, innovazione e qualità.

Una coltura delicata in un contesto complesso

È importante ricordare che la fragola è una delle colture più esposte a rischi fitosanitari, e per questo motivo rientra tra quelle che più frequentemente richiedono interventi di difesa. Tuttavia, negli ultimi anni il settore ha avviato un percorso concreto verso la riduzione dell’impatto ambientale: nuove varietà più resistenti, pratiche di difesa integrata, introduzione di biostimolanti e sistemi di monitoraggio avanzati stanno cambiando il volto della fragolicoltura italiana. Molti operatori hanno adottato standard privati e disciplinari volontari più stringenti rispetto alla normativa base.

Serve sostegno, non delegittimazione

La sostenibilità nella produzione di fragole non può prescindere dal coinvolgimento dell’intera filiera: breeder, vivaisti, produttori, tecnici agronomi, GDO e istituzioni devono collaborare per accelerare la transizione ecologica del comparto. Questo significa anche sostenere economicamente la ricerca, semplificare l’accesso a nuove soluzioni a basso impatto e comunicare in modo trasparente, ma equo.

Criminalizzare il settore con titoli sensazionalistici e analisi decontestualizzate rischia di danneggiare l’intero comparto, indebolendo la fiducia dei consumatori e penalizzando chi lavora per migliorare.

Conclusione

L’obiettivo comune deve essere quello di promuovere una fragolicoltura italiana sempre più sostenibile, ma anche valorizzata per ciò che ha già raggiunto. Gli operatori della filiera chiedono rigore scientifico e senso di responsabilità nella comunicazione: il diritto a un cibo sano va di pari passo con il dovere di raccontare la verità dei campi, anche quando è più complessa di uno slogan.


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