L’adattamento pare essere l’unico modo per il Cile di riconquistare la sua posizione in un’industria globale del mirtillo che è cambiata molto negli ultimi anni.
Da numero uno, il Cile è sceso in classifica in uno scenario tremendamente complesso, non solo in termini di quantità, dove rimane comunque tra i primi tre, ma anche nella cosa più importante: la qualità e le condizioni dei frutti, nonché la loro consistenza.
Nel frattempo, il Perù è passato dall’essere un Paese con frutti grandi e poco saporiti a diventare una vera e propria macchina da produzione. Tanto che oggi è il numero uno della classifica, con frutta eccellente, e l’idea che c’era in Cile che la frutta peruviana non potesse mai raggiungere un buon equilibrio zucchero/acidità e che il sapore della frutta cilena fosse irraggiungibile, è stata dimostrata essere solo un mito.
In Perù c’è addirittura un vantaggio climatico e una rapida entrata in produzione, che favorisce i cambiamenti varietali (da maggio a dicembre). Quanto al Messico, non sta ancora esplodendo in quantità, ma sta crescendo a ritmi giganteschi, con un’enorme proiezione e una produzione di 365 giorni all’anno, in diverse zone di produzione, peraltro molto estese.
Non dimentichiamo il Marocco, terzo nella classifica mondiale degli esportatori, che produce dieci mesi all’anno e ha già scalzato gli Stati Uniti dal terzo posto della classifica, o il Sudafrica, che ha frutta da luglio a ottobre. L’India, con le sue tre zone di produzione, vuole crescere ed è in un processo di apprendimento e di impianto di nuove genetiche, con le quali si presume che a breve termine si orienterà verso esportazioni a lungo transito con ottimi risultati.
Se parliamo di Asia, si può dire che la Cina, che ha iniziato più di otto anni fa, all’inizio è stata lenta e ha abuto bisogno di molto tempo, dato che non è così facile avere estensioni che permettano una produzione su larga scala, che richiede processi governativi interni un po’ complessi. Ma con la perseveranza, si sta ottenendo una buona produzione localizzata, con qualità e condizioni eccellenti, senza pensare che sono destinate al mercato locale.
Così, la Cina sta aumentando silenziosamente la sua produzione per entrare nella finestra di gennaio-maggio, dove potrebbe a un certo punto ricevere frutta dal Messico, che ha avuto l’autorizzazione all’esportazione negli ultimi due anni, e dagli Stati Uniti, che si stanno preparando a esportare dalla California.
IL SETTORE SI EVOLVE
Se analizziamo ciascuna delle aree di produzione in espansione vediamo che le zone più interessate da questa industria, che continua ad avanzare e non a piccoli passi, sono il mercato statunitense, in particolare la zona a Nord-Est del Pacifico con la frutta nazionale, e il Cile, con le esportazioni. Entrambi hanno una produzione fuori stagione, ma sono decimati da macchine produttive, con un’ottima genetica e un’eccellente qualità e condizione dei frutti.
In una panoramica generale, il settore si è evoluto verso genetiche con caratteristiche spettacolari in termini di dimensioni, consistenza, fioritura, colore e sapore. È chiaro che ci sono alcune varietà che possono o non possono affermarsi nelle diverse zone, o che se si affermano, i risultati non saranno gli stessi, dato che stiamo parlando di esseri viventi che rispondono all’ambiente. Con questo sarebbe facile ottenere cambiamenti nelle aree che oggi presentano alcune complicazioni e che, se guardiamo al passato, un tempo erano quelle che guidavano la produzione globale. Ma non è così semplice, c’è un fattore che non abbiamo ancora analizzato: il prezzo.
Il valore del prodotto non è più lo stesso di dieci stagioni fa, i costi sono aumentati e i margini si sono ridotti. Il mercato sta diventando sempre più esigente, con un consumatore informato, che sa esattamente cosa vuole e non si limita più a comprare il prodotto, ma vuole buona qualità e costanza per tutta la stagione, identifica origini diverse sotto la stessa etichetta, e anche senza conoscere le varietà rileva già le differenze.
In questo contesto, il compito è ancora più complesso se consideriamo il Cile come un Paese con una produzione ancora elevata, ma con problemi legati alle varietà, alla qualità e alle condizioni dei frutti, ai costi elevati e ai problemi di arrivo. Tutto questo si traduce in rendimenti che non sono quelli attesi, dato che nei momenti in cui abbiamo frutta buona, Perù e Messico sono in produzione con volumi considerevoli, per cui le prospettive sono difficili.
Come procedere?
Si devono cercare nuove destinazioni, finestre di mercato e accedere a clienti che cercano frutta con determinate caratteristiche. È chiaro che cercare di vendere tutto non è una buona strategia; in alcune zone del mondo ci sono già clienti che dicono “non voglio una certa varietà o un certo produttore” in seguito a precedenti esperienze. Dobbiamo quindi lavorare sul campo, sulla logistica, sulla gestione dei tempi e delle temperature; dobbiamo cercare spazi per essere competitivi e riuscire a mantenere le vendite nelle nicchie.
Nel frattempo, in Cile si attende un cambiamento varietale, che sta arrivando, ma è ancora lento. Non è una buona strategia forzare la frutta fuori dal mercato e aspettare di vedere cosa succede. Tutto va sotto l’etichetta “Fruta de Chile” ed è necessario essere completamente chiari e consapevoli di avere a che fare con un consumatore informato.
Il mercato è cambiato, non si può continuare ad applicare le stesse strategie di vent’anni fa e aspettarsi nuovi risultati. Sembra una frase ripetuta, ma è impressionante come in Perù, in Messico o in Marocco, ad esempio, l’applicazione di processi seriali non funzioni nemmeno per loro. Dobbiamo lavorare per stabilire processi di miglioramento continuo basati sull’esperienza ma adattati a ciascuna origine, dato che ognuna ha le sue complessità e particolarità, quindi dobbiamo adattarci.
Come disse una volta il filosofo greco Eraclito, “l’unica cosa permanente è il cambiamento”. Ebbene, in un mondo in così rapida evoluzione, dobbiamo muoverci in questa direzione e adattarci, apportando le modifiche necessarie ai sistemi di produzione per rimanere una parte importante dell’industria globale.
Fonte: Mundoagro
Paula del Valle Escalona, Consulente della qualità, post-raccolta e innovazione per MyBlueProject
Foto: Chilean Blueberry Committee, Lisa Fotios