27 giu 2022

Alla scoperta del mirtillo gigante americano e come coltivarlo

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Caratteristiche generali

Il mirtillo gigante americano (Vaccinum corymbosum) è una pianta perenne a foglia caduca appartenente alla famiglia delle Ericaceae ed ha portamento arbustivo eretto con germogli (polloni) che si accrescono dalla base della pianta o dal colletto.

Le radici

Il mirtillo gigante americano ha un apparato radicale superficiale ed espanso, con due tipi di radici:

  • le più robuste, che la pianta usa per accumulare sostanze di riserva e ancorarsi al suolo
  • quelle fini, utili per assorbire i nutrienti nel terreno con velocità.

L’attività di crescita delle radici inizia quando la temperatura del suolo supera i +6 °C, continua fino alla fruttificazione e si arresta durante la maturazione. Avendo però un apparato radicale poco profondo, è una pianta sensibile alla siccità.

Fiori e gemme

La differenziazione delle gemme a fiore avviene l’anno precedente a quello di sviluppo e procede dalla parte distale verso quella prossimale del ramo; danno origine ad un grappolo compatto, detto corimbo, sono di colore bianco o rosaceo e hanno la forma di una piccola campanella rivolta verso il basso.

Fioritura mirtillo gigante americano
Fiori di mirtillo gigante americano (foto: Italian Berry)

La scalarità di fioritura è legata alla differente vigoria dei rami (quelli più corti entrano in fioritura più precocemente) e, su uno stesso ramo, alla posizione (i fiori della porzione terminale del ramo si aprono prima di quelli posti nella parte centro-basale).

Le piante di mirtillo gigante americano sono autofertili, ma traggono vantaggio dall’impollinazione incrociata.

L’allegagione è elevata (80-100%) soprattutto se è presente una sufficiente entomofauna impollinatrice e se non si registrano violenti sbalzi di temperatura o ritorni di freddo durante la fioritura.

Frutti

I frutti di mirtillo gigante americano sono bacche globose color blu acceso, molto più grandi di quelle del mirtillo europeo, con una leggera patina pruinosa che li rende più chiari; la polpa è morbida, di colore bianco-verdastra con un gusto tra il dolce e l’acidulo, più o meno intenso.

Le bacche di mirtillo maturano in modo scalare (foto: Italian Berry)

È ottimo consumato sia fresco che lavorato (succhi e marmellate)

Dal punto di vista nutrizionale, il mirtillo apporta 25 kcal per 100 g ed uno è uno scrigno di vitamine, minerali e antiossidanti; contiene diversi elementi come tannini, zuccheri, sali minerali (calcio, fosforo, ferro, sodio e potassio), flavonoidi, vitamine A, C e gruppo B e mirtillina, un pigmento dalle spiccate qualità antiossidanti e responsabile di numerose proprietà attribuite a questa bacca.

Terreno

Il mirtillo gigante americano è una specie acidofila, che vegeta bene in terreni acidi, con una reazione del pH tra 4 e 6, anche molto poveri in elementi nutritivi, specie fosforo e potassio.

Con valori del pH superiori a 5.5-6 la crescita della pianta e la relativa produzione possono compromettersi, infatti spesso si verificano problemi di assorbimento e carenze (in particolare clorosi ferrica), che porta a un rapido ingiallimento fogliare.

I terreni più idonei sono quelli ben drenati, contenenti abbondante sostanza organica (>3-4%), privi di calcare attivo e sabbiosi che, per la bassa capacità trattenuta dei cationi Ca, K e Mg, hanno naturalmente un basso pH.

Vanno evitati quelli pesanti, mal drenati dove sono presenti i ristagni idrici che, favorendo l’accumulo di metaboliti tossici, impediscono l’apporti di ossigeno nella rizosfera (la porzione di suolo che circonda le radici delle piante) e la respirazione.

Prima di avviare una coltivazione di mirtillo gigante americano è bene procedere all’analisi del pH del terreno, in modo da verificare il grado di acidità e, se è il caso, apportare dei correttivi; un sistema per intervenire sul livello di acidità è quello di ammendare il terreno con torba acida.

Si può agire sia nella fase di preparazione del terreno, che nel momento della messa a dimora; la torba infatti, può essere sostituita al letame maturo al momento dell’impianto.

Clima

Non tutti gli organi della pianta manifestano lo stesso grado di resistenza al freddo. I tessuti legnosi sopportano maggiori abbassamenti termici rispetto alle gemme, mentre nei climi più freddi le radici, se non adeguatamente protette da pacciamature con torba o corteccia macinata che mitigano le temperature, possono essere danneggiate.

Sebbene il fabbisogno di freddo vari da cultivar a cultivar, gli impianti di mirtillo gigante americano vanno effettuati dove sono assicurate 600-1000 ore/anno a T < 7°C per le cultivar ad alto fabbisogno in freddo (Northern Highbush) e 300-400 ore per i mirtilli a basso fabbisogno in freddo (Southern Highbush).

Quando l’attività vegetativa riprende, le piante sono invece danneggiate già da temperature di 2°C ed i periodi cruciali sono quelli di fioritura ed allegagione.

Per ciò che concerne le alte temperature, la coltivazione è possibile con valori fino a 32-38°C; al di sopra le foglie disseccano perché le radici non sono in grado di assorbire acqua per mantenere il turgore cellulare.

Sistema antigelo in funzione su un impianto di mirtilli

Le migliori produzioni si ottengono nei climi con estati calde e soleggiate a patto che siano assicurati adeguati interventi irrigui.

Impianto e concimazione iniziale

L’epoca più propizia per la messa a dimora del mirtillo gigante americano è l’inizio della primavera.

All’impianto vanno somministrati fertilizzanti minerali: fosforo (30-40 unità/Ha) e potassio (100 unità/Ha) sotto forma di concimi fisiologicamente acidi, quali perfosfato minerale e solfato potassico. Occorre anche intervenire con 0.2 t/ettaro di solfato ammonico, distribuito in tre riprese a partire da metà marzo e non oltre la metà di giugno. L’apporto di sostanza organica, costituito da torba acida, trucioli, segatura, corteccia di conifere macinata, aghi di pino, deve essere abbondante.

Specialmente dove i terreni non hanno caratteristiche pedologiche adatte, le piante possono essere allevate fuori suolo. Buoni risultati si ottengono allevando i mirtilli in vasi da 80-100 litri, in substrato costituito da torba acida e perlite, torba e segatura, torba e cippato di conifere. Occorre poi provvedere ad adeguata concimazione con un ternario (Azoto, Fosforo e Potassio) e mettendo a punto un impianto di fertirrigazione a goccia.

Impianto di mirtillo fuori suolo con impianto di ferrtirrigazione (foto Italian Berry)

Concimazione di mantenimento

Anche negli anni successivi all’impianto è bene somministrare sostanza organica lungo la fila e successivamente interrata (20 l/pianta), per mantenere il pH a valori di acidità ottimale può essere apportato zolfo pellettato. La concimazione minerale con P e K deve essere effettuata in autunno-inverno con quantitativi crescenti fino a raggiungere 0.3 t/Ha di perfosfato minerale e 0.2 t/Ha di solfato potassico.

L’azoto, analogamente al momento dell’impianto, va somministrato in piccole dosi, poiché dosi massicci provocherebbero ustioni a livello radicale.

Sesto di impianto

Il sesto di impianto ottimale è di 2-2,5 m tra le file per 1,5-2 m sulla fila, in funzione della vigoria della varietà. Gli investimenti sono quindi di 200-300 piante ogni 1000 m2 di coltivazione.

Impianto di mirtilli (foto: Il Piccolo Frutto di Chiara)

Per favorire lo sgrondo delle acque e ridurre i rischi di marciumi radicali, conviene coltivare i mirtilli su terreno baulato.

Irrigazione 

I fabbisogni idrici variano a seconda del tipo di terreno, dell’età dei cespugli e della fase considerata, ma buoni risultati in generale si ottengono con distribuzioni di 10-15 l al giorno per pianta, dall’ingrossamento dei frutticini alla raccolta.

La microirrigazione (goccia, microjet, spruzzo) è il sistema preferito perché consente di ottenere ottimi risultati con modesti volumi d’acqua e perché sono minimizzate le perdite per evaporazione.

Gestione del suolo

Dove l’acqua non è un fattore limitante si ricorre all’inerbimento permanente interfila, il cui sfalcio permette di apportare poi sostanza organica e alla pacciamatura sottofila con segatura, aghi di pino e corteccia, che permette di ridurre il consumo idrico e le escursioni termiche del suolo.

Potatura

All’impianto le operazioni di potatura vanno limitate al minimo, in modo da favorire un rapido sviluppo vegetativo e accorciare il periodo poco produttivo a 2-3 anni. Nel primo e secondo anno va ridotto il numero delle gemme a fiore eventualmente presenti onde evitare che una troppo precoce fruttificazione comprometta la regolare crescita dei cespugli.

Negli anni successivi con gli interventi di potatura si tende a mantenere le piante vigorose e sane, lasciando 10-15 fusti per cespuglio e favorendo la circolazione di aria all’interno della chioma, incrementando così la produttività. Nel mirtillo gigante infatti le gemme a legno sono distinte da quelle a fiore e le formazioni fruttifere sono i rami misti e i brindilli; le bacche di migliore pezzatura si ottengono dai rami misti.

È preferibile effettuare gli interventi nel tardo inverno perché in questo modo le sostanze di riserva elaborate in autunno sono in grado di migrare ed accumularsi nelle radici ed è possibile evidenziare ed eliminare rami danneggiati dal gelo.

Avversità

  • Antracnosi: questo fungo può causare avvizzimenti e marciumi alla pianta, anche a carico dei frutti e spesso inizia con l’imbrunimento della parte terminale dei germogli e dei grappolini. Il fungo è favorito dalla stagione umida e le sue spore svernano nei residui colturali infetti, per questo è opportuno asportare tutte le piante malate della pianta.
  • Monilia: i sintomi si manifestano sulle gemme in germogliamento che iniziano ad appassire e poi anneriscono e sui frutti, che restano di colore rosato e poi mummificano. È utile intervenire con un prodotto rameico, soprattutto dopo un periodo piovoso.
  • Botrite: questo fungo causa imbrunimenti e avvizzimenti dei germogli, mentre sul frutto si manifesta con la tipica muffa grigiastra. Anche in questo caso è importante intervenire preventivamente con prodotti a base di rame.
  • Drosophyla suzukii: il danno è causato dalle larve che nascono direttamente all’interno del frutto previa ovodeposizione degli adulti, che si nutrono della polpa portandola a disfacimento. La difesa da questo insetto parte dalla cattura mediante trappoli alimentari.
  • Cimice asiatica: il danno è a livello dei frutti con decolorazioni, deformazioni e necrosi. Oltre a trattamenti a base di piretro, molto efficace risulta l’utilizzo di reti antinsetto.

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