09 ago 2023

Tra mirtilli e manodopera: la complicata situazione della forza lavoro a Saluzzo

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La provincia di Cuneo rappresenta una quota importante della produzione nazionale con oltre 500 ettari di piante di mirtilli. MeltingPot, un progetto editoriale e di comunicazione sociale nato nel 1996 che racconta e analizza i processi di trasformazione del fenomeno migratorio in Italia e in Europa, ha analizzato le criticità generate dalla gestione della manodopera addetta alla raccolta e alla lavorazione del mirtillo in Piemonte.


Nella regione saluzzese, la raccolta dei mirtilli è un’attività che si svolge solitamente dalla metà di giugno all’inizio di luglio, ristretto a pochi giorni intensi in cui i datori di lavoro cercano un gran numero di lavoratori.

I filari soleggiati sulle pendici del Monviso ospitano una variegata mano d’opera composta da persone provenienti da diverse nazioni, tra cui Mali, Gambia, Costa d’Avorio, Burkina Faso, ma anche Cina, Pakistan, Albania e alcuni giovani italiani.

La paga può variare a da 5,50 a 8 euro all’ora, a seconda del tipo di accordo che ogni lavoratore riesce a ottenere con il datore di lavoro.

Gli imprenditori agricoli si trovano in una posizione difficile, stretti tra le richieste del mercato globale che impone rigidi tempi e regole e la sfida di reperire manodopera sufficiente per coprire il breve periodo di raccolta dei mirtilli.

In sostanza, si tratta di un contesto complesso e delicato, in cui le dinamiche economiche internazionali si intrecciano con la necessità di trovare soluzioni sostenibili per la gestione della manodopera agricola locale.

Campo di mirtilli a Saluzzo
Campo di mirtilli a Saluzzo

Nella Gazzetta di Saluzzo di qualche anno fa si legge:

“Mentre nell’area mediterranea la stagionalità del consumo dei mirtilli è legata al periodo estivo, esiste un mercato britannico che consuma piccoli frutti tutto l’anno.

Li importa in inverno dal Sudamerica e poi dai Paesi europei: prima Spagna, poi Italia e quindi Polonia. Nel contesto nazionale il mirtillo delle Alpi è di norma precoce e viene raccolto e distribuito da metà giugno a tutto luglio.

“Il mirtillo ha spesso sostituito gli appezzamenti di pesche e kiwi, diventando nel tempo un investimento redditizio”.

In provincia si coltivano oltre 500 ettari, di cui più della metà nell’area Saluzzese/Pinerolese, da cui proviene il 25% del prodotto nazionale. Sono sorte sotto il Monviso una quarantina di medie aziende.

Vi sono poi, specialmente in collina, una miriade di piccoli e medi produttori (quasi 400) che conferiscono a cooperative e organizzazioni di produttori, che a loro volta sono la cintura di collegamento con la grande distribuzione e i mercati europei.”

Negli ultimi anni si è assistito a un notevole aumento della superficie coltivata a mirtilli nel Saluzzese, il che ha portato a un’anticipazione dell’inizio della stagione di raccolta, che ora si estende fino a luglio.

Questo cambiamento è particolarmente evidente nella vasta piantagione all’aperto della zona, che è principalmente orientata all’export. Infatti, l’80% della produzione viene destinata al commercio estero.

Si deve inoltre considerare che i mirtilli rappresentano un prodotto che ha avuto una grande crescita nell’ambito agricolo locale negli ultimi anni, ed è stato introdotto nel portafoglio produttivo dei coltivatori del Saluzzese a causa dell’alta domanda e della buona redditività sul mercato internazionale.

La crescente popolarità di questo frutto ha spinto gli agricoltori a investire nella sua coltivazione e ad allungare la stagione di raccolta per sfruttare appieno il potenziale economico che offre.

Si tratta di un settore agroindustriale di grande rilevanza, che genera milioni di euro di fatturato, e quindi i costi di produzione devono essere attentamente gestiti.

In questo contesto, l’efficienza nell’organizzazione della manodopera è fondamentale per massimizzare i rendimenti e garantire una produzione competitiva.

Secondo Melting Pot, però, “di agroindustria si tratta, un comparto che fa girare milioni di euro e quindi i costi di produzione non possono essere lasciati al caso: tra questi la manodopera è il fattore sul quale più facilmente si può giocare per ottenere profitti più alti”.

Certamente è noto con anticipo il fabbisogno, ma la maggior parte dei braccianti in questo primo periodo non ha un contratto o viene reclutata “last minute” tramite cooperative, agenzie o altre modalità informali di intermediazione. Rigorosamente a chiamata. Che l’apparente scarsa programmazione delle aziende celi una strategia di compressione dei salari? A pensar male si fa peccato, ma chissà…”.

La testata denuncia quindi un vero e proprio contesto di sfruttamenteo dei lavoratori, ai quali verrebbero quindi relegate situazioni e condizioni difficili e spesso non regolari.

Parliamo allora di sfruttamento – continua l’articolo – sfruttamento non in quanto mero reato, ma come motore del processo di accumulazione di capitale. Per accelerare le operazioni e incentivare la produttività, in molti casi ai lavoratori viene proposto di raccogliere a cottimo, un euro a cassetta per quanto riguarda i mirtilli.

“[…] Comprensibile, certamente, specie sul piano individuale. Ma onestamente problematico dal punto di vista collettivo“.

Lo scontro sul ritmo del lavoro è uno dei principali punti di frizione tra salariati e datori di lavoro, il rallentamento della produttività una possibile linea di forza di questa working class, ancora sconosciuto nella sua forza”.

Secondo la testata editoriale, infine, pare anche che alcune delle problematiche arrivino direttamente anche dal punto di vista organizzativo delle accoglienze stesse, le quali non agevolerebbero in nessun modo i lavoratori:

“In questo primo scorcio di stagione, le cosiddette accoglienze, coordinate dalla Prefettura di Cuneo (i containers e la casa del cimitero del comune di Saluzzo per circa 230 posti letto) e gestite da una cooperativa, sono in ampissima misura mantenute chiuse”.

Può sembrare una scelta paradossale visto che, in assenza di alternative, una quota di lavoratori e aspiranti lavoratori, tra i 25 e i 100, è costretta ad accamparsi nei giardini pubblici del Parco Gullino, da qualche anno diventato luogo di approdo e di socialità, sorvegliato giorno e soprattutto notte dalle forze dell’ordine“.

Fonte: Melting Pot Europa


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